L’orto sinergico deve essere coltivato ricreando le dinamiche della natura e limitando l’intervento dell’uomo: cosa c’è da sapere.
L’intervento dell’uomo è davvero necessario per favorire la crescita sana e rigogliosa dell’orto? Secondo i principi cardine dell’agricoltura sinergica a questa domanda si può rispondere con un secco “no”, partendo dal presupposto che in natura sono presenti equilibri tali da agevolare la crescita degli ortaggi e la produzione di frutti senza il bisogno di cure particolari o aiuti esterni.
Il concetto di orto sinergico nasce grazie al biologo giapponese Masanobu Fukuoka, i cui insegnamenti sono stati diffusi dalla coltivatrice spagnola Emilia Hazelip negli anni Ottanta e ovviamente adattati al clima dell’area mediterranea.
Secondo Fukuoka, l’agricoltura naturale può essere sostanzialmente definita come “agricoltura del non fare”, vale a dire gestita permettendo che tutto proceda secondo le regole della natura anche per quanto riguarda la crescita delle coltivazioni, limitando il lavoro umano alla semina e alla raccolta finale. Più che dettare istruzioni sulle tecniche di realizzazione dell’orto sinergico, Fukuoka ha messo nero su bianco le operazioni da non eseguire:
- non lavorare il terreno, fatta eccezione per l’inizio dei lavori necessari per creare l’orto. Il rischio che si corre smuovendo il terreno è quello di contrastare i naturali equilibri presenti al suo interno, compromettendo la fertilità;
- non concimare o usare fertilizzanti;
- non eliminare i resti delle piante coltivate, permettendo la naturale procedura di decomposizione necessaria per nutrire il terreno;
- niente potature;
- non usare prodotti per eliminare i parassiti, limitandosi a introdurre insetti utili che possano neutralizzare eventuali presenze dannose in modo naturale.
Come detto sopra, l’orto sinergico può essere lavorato solo durante le operazioni preliminari, limitandosi alla preparazione dello spazio e del terreno e alla semina iniziale. Per evitare di calpestarle il terreno è opportuno realizzare delle vere e proprie aiuole rialzate, sistemando appositi bancali alternati ai camminamenti necessari per consentire il passaggio. I bancali, nello specifico, devono raggiungere un’altezza massima di cinquanta centimetri e devono avere dimensioni tali da permettere al coltivatore di raggiungere ogni parte dell’orto in modo facile e pratico. Prima di effettuare le prime semine, è opportuno valutare le caratteristiche del terreno e informarsi su come è stato coltivato fino a quel momento. È necessario prendere in considerazione la composizione del terreno, le sue caratteristiche chimiche e in particolare il pH – che dovrebbe essere compreso fra 6 e 7,5 -, l’eventuale presenza di piante spontanee che possono fornire importanti indicazioni sulla fertilità. Se il terreno è stato molto sfruttato in passato, inoltre, è preferibile integrare del compost o del letame decomposto, preferendo iniziare con la coltivazione di piante non commestibili almeno per il primo anno. Qualora il terreno sia stato trattato con prodotti chimici, in particolare, è bene coltivare inizialmente solo piante in grado di assorbire i residui e fornire nutrimento organico, come il trifoglio.
Nell’orto sinergico la pacciamatura riveste un ruolo determinante, al fine di ricoprire il terreno con uno strato di materiale naturale al fine di proteggerlo da pioggia e intemperie, favorendo anche l’assorbimento dell’acqua ed evitando la totale evaporazione. Questa operazione, che si rivela utile anche per l’eliminazione delle erbe infestanti, può essere realizzata utilizzando della paglia o delle foglie secche, rinnovandola periodicamente e avendo cura di creare uno strato più spesso durante i mesi invernali. Per quanto riguarda le operazioni di irrigazione, un impianto a goccia garantisce il giusto apporto di acqua senza generare inutili sprechi.